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L’economia verde per uscire dal tunnel

Nel vortice della crisi energetica, un gruppo di imprenditori bergamaschi si confronta con Carlo Cottarelli sulle prospettive industriali. La transizione ecologica è la spinta per innovare e resistere.

Vai a vedere che anche questa terribile crisi si risolverà in un ulteriore slancio per l’innovazione dell’economia italiana? È un po’ il sospetto che è sorto alla fine dell’incontro tra un gruppo di imprese bergamasche e l’economista e neo-senatore Carlo Cottarelli, il 28 ottobre, nel magnifico scenario dell’ex-monastero del Carmine, a Bergamo.

È vero che il parterre era costituito da imprenditori attivi nella promozione della sostenibilità, un club riunito dalla rivista eco.bergamo, pubblicata ogni mese come supplemento a L’Eco di Bergamo. Ma nel gruppo ci sono imprese energivore, anche molto energivore, che stanno vivendo sulla loro pelle la sciagura dell’aumento del gas indotto dalla guerra in Ucraina e il costo della transizione ecologica, che pure hanno affrontato di slancio. Quasi tutti hanno rappresentato il momento attuale come una vera e propria sfida che si può vincere allungando il passo verso un modello produttivo diverso, fondato sull’economia circolare e sull’utilizzo massiccio delle fonti rinnovabili.

L’incontro è stato organizzato da eco.bergamo, grazie alla collaborazione con la Ing di Gabriele Ghilardi, uno dei maggiori studi bergamaschi di progettazione degli impianti che assicurano agli edifici la massima efficienza energetica.

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Sulle cause regna la confusione

Cominciamo con le cause.

Marco Sperandio, presidente di Rea Dalmine, società del gruppo Greenthesis che gestisce uno dei maggiori impianti di incenerimento dei rifiuti d’Italia, ha fatto un quadro degli avvenimenti recenti che rendono quasi impossibile districarsi tra le cause: «La situazione energetica di quest’anno –ha detto- ha complicato un po’ tutto. Anche indipendentemente dall’andamento dei costi, ha reso molto incerta e confusa la situazione di diversi settori industriali, che si muovono con grandi difficoltà di programmazione. Perché anche sui costi energetici, negli ultimi mesi, abbiamo un andamento non solo improvviso, ma anche dissociato dalla realtà. Noi abbiamo subito, soprattutto nei mesi estivi (in assenza di novità dal punto di vista internazionale) dei costi di energia elettrica e gas insostenibili. In quei mesi, il Pun, cioè il prezzo che si forma sul mercato libero dell’energia elettrica in Italia, è arrivato agli 800 euro kWh, con delle medie di 550/600. Teniamo presente che negli anni pre-covid era 40, nell’anno del covid era 20, e qui siamo arrivati a 800! Lo stesso per il gas… Tutto questo a fronte però non di una mancanza di energia elettrica, non di uno squilibrio tra domanda e offerta, ma di tanta, tantissima speculazione sul gas, e tanto nervosismo sui mercati».

Poi nel giro di pochi giorni lo scenario si è ribaltato: «Improvvisamente, e senza nessuna novità internazionale, lo scenario sembra cambiare. Nelle ultime due settimane il prezzo dell’energia elettrica è crollato, quello del gas è passato da 300 euro/megawattora a 99 (a ieri, 25 ottobre). Perché? Boh… In seguito agli annunci di price cap (che sarà molto complicato fare) piuttosto che di altri fattori, ma il motivo vero non si sa. È una situazione assolutamente confusa. Uno dice: manca l’energia elettrica, e quindi ci si aspetta che i prezzi vadano su, e restino alti, e nel frattempo ognuno elabora strategie, e lo stesso vale per il gas. Invece questo andamento a sinusoide senza una spiegazione razionale, rende tutto complicatissimo per l’imprenditore: pianificare, quando accendere e spegnere, quando prendere le commesse, quando fare le consegne, con che prezzi uscire sul mercato… Confusione».

I rimedi: aiuti, disaccoppiare il prezzo dell’elettricità dal gas

Sui rimedi invece gli imprenditori hanno le idee più chiare.

Callieri di Italcementi: «È necessario un intervento immediato e strutturale del Governo. Oltre al rinnovo dei crediti di imposta sugli acquisti di energia elettrica per il mese di dicembre 2022, si auspica una veloce attuazione e un successivo adeguamento della recente misura Electricity Release. Questo strumento, vitale per il settore cemento, mette a disposizione del sistema e delle imprese energivore l’energia rinnovabile (circa 24 TWh/anno), finanziata e incentivata da anni dal sistema, ad un prezzo competitivo, comparabile con il costo di produzione.

Il costo iniziale di conferimento è di 210€/MWh, molto superiore al costo di produzione di energia rinnovabile e al cap recentemente fissato dall’UE a 180€. Auspichiamo, dopo i primi mesi di rodaggio, un veloce adeguamento al ribasso del prezzo per confermare questa misura un utile strumento di politica industriale che tuteli le imprese da repentine oscillazioni del mercato dell’energia».

Articolata anche la proposta di Sperandio di Rea Dalmine: «Vedo che le indicazioni di un qualche accordo europeo hanno calmierato le speculazioni, e soprattutto c’è una direttiva europea, un Regolamento che il Parlamento europeo manderà agli Stati membri (e secondo me sarà molto importante che venga recepito velocemente), che è quello di intervenire per disaccoppiare il costo medio dell’energia elettrica dalle diverse fonti con cui essa è prodotta. Mi spiego: adesso, chi vende solare (e non ha un contratto stabilito anni fa a prezzi fissi) e lo sta vendendo a prezzo di mercato, sta facendo un sacco di soldi. Poi è vero che hanno messo la tassa sugli extra profitti (che tra l’altro ha incassato molto meno di quanto si prevedeva), però, comunque sia, sta facendo tanti soldi, con un costo praticamente invariato per lui… E anche per un impianto come il nostro che produce energia elettrica in parte da fonte rinnovabile (perché il 51% dei nostri rifiuti essendo di origine urbana, fa sì che il 51% dell’energia elettrica che noi produciamo sia considerata rinnovabile) beneficerebbe di questo aumento dei prezzi di mercato senza avere costi in più. L’idea quindi è: quelli che stanno guadagnando di più, ma non hanno costi in più, dovrebbero avere un prezzo massimo (price cap) – che secondo la comunità europea potrebbe essere 180 euro a chilovattora -, distinguendo invece chi produce energia elettrica dal gas (e che quindi sconta i prezzi del gas che sono schizzati in su). Questo farebbe sì che il 40%, più o meno, che nelle nostre bollette elettriche è di origine rinnovabile, possa pesare meno, abbassi la media del costo dell’energia italiana. Questo sconto aiuterà molti, ed è l’unico modo sensato per cercare di ammortizzare la schizofrenia del mercato».

«Quelli che stanno guadagnando di più , ma non hanno costi in più, dovrebbero avere un prezzo massimo»

Anche Callieri si è detto d’accordo: «L’attuale sistema che lega il prezzo dell’energia elettrica al 100% al prezzo del gas accresce inesorabilmente gli effetti della crisi. Più verosimilmente, il prezzo dell’energia dovrebbe essere determinato considerando anche le fonti rinnovabili e il carbone. All’aumento vertiginoso dei costi di produzione hanno contribuito anche il prezzo del petcoke, il combustibile utilizzato nel settore (più che triplicato nei primi mesi del 2022, rispetto alla media dei valori registrati nel 2019) e il valore dei diritti di emissione di CO2 (dopo mesi sopra gli 80 euro, si è assestato a circa 60 euro alla tonnellata, valore comunque elevatissimo se confrontato con i 25 euro registrati in media nel 2019)».

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Chi è cresciuto grazie alla sostenibilità

Che il risparmio energetico e la sostenibilità siano ingredienti indispensabili non solo per uscire dalla crisi, ma anche per la crescita lo ha confermato Fabio Gritti, presidente e amministratore delegato di Grifal, un’azienda di Cologno al Serio (Bg) che ha inventato una serie di originali prodotti per l’imballaggio in cartone. «Come Grifal group stiamo continuando a crescere. Il primo semestre ‘22 ha segnato +51% di ricavi rispetto al medesimo periodo del ‘21 e prevediamo una crescita significativa anche nel secondo semestre, grazie all’acquisizione di nuovi grandi clienti convinti dalle nostre soluzioni d’imballo eco-sostenibili. Il nostro innovativo cartone ondulato a marchio cArtù® è realizzato con una tecnologia brevettata che si conferma vincente anche in questo particolare periodo storico. Infatti, a differenza dalla produzione del cartone ondulato tradizionale che utilizza vapore e piani di asciugatura a forte consumo energetico, questo processo industriale richiede una quantità di energia trascurabile che, anche ai prezzi attuali, impatta sui conti aziendali solamente per circa il 2% del fatturato. Inoltre, a parità di volume, cArtù® consente di risparmiare fino al 70% di materia prima rispetto al cartone ondulato tradizionale riducendo così l’impatto derivante dall’aumento dei prezzi».

Anche Sperandio di Rea Dalmine è ottimista: «Grazie anche ai bandi Pnrr, questa è un’ottima situazione che spingerà tutti all’aumento dei progetti di economia circolare: non solo in termini di recupero energetico, ma soprattutto per il recupero di materia in settori nei quali adesso attualmente tale materia non viene recuperata. Quello che secondo me è fondamentale, ed è un discorso che vale anche per l’energia (noi lo stiamo iniziando a fare con Confindustria Bergamo), è la necessità di una più stretta collaborazione tra gli imprenditori. Per creare una sorta di “filiera comunità energetiche”, che adesso sono destinate solo a chi non produce energia elettrica in senso industriale».

«È necessaria una più stretta collaborazione tra imprenditori , per creare una sorta di filiera delle comunità energetiche »

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Articolo completo su l’Eco di Bergamo

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